Recensione: Il castello Rackrent, di Maria Edgeworth

Titolo: Il castello Rackrent
Autore: Maria Edgeworth
Editore: Fazi
Pagine: 133
Anno di pubblicazione: 2017
Prezzo copertina: 15,00 €


Recensione a cura di Eleonora Cocola

«Avendo deciso di mia volontà, per amicizia verso la famiglia sulle cui proprietà (sia lodato il cielo!) io e i miei viviamo senza pagare canoni d’affitto da tempo immemorabile, di pubblicare questo Memoriale della Famiglia Rackrent, credo sia mio dovere dire qualche parola, in primo luogo, su me stesso. Il mio vero nome è Thady Quirk, anche se presso la famiglia sono sempre stato chiamato semplicemente «l’onesto Thady»; più avanti, al tempo del defunto Sir Murtagh, ricordo di averli sentiti dire «il vecchio Thady», e adesso siamo arrivati a «il povero Thady». Questo è

l’incipit de Il castello Rackrent, «una storia irlandese ricavata da fatti realmente accaduti, e dalle usanze dei gentiluomini di campagna irlandesi prima dell’anno 1783». 

E chi meglio di un vecchio servitore è in grado di narrare le vicende di una grande famiglia aristocratica? È la voce pacata e ironica del vecchio Thady che ci racconta di Sir Patrick, gran bevitore e amante delle feste; del suo successore l’avvocato Sir Murtagh, che si rifiuta di pagare i debiti di Sir Patrick «per una questione d’onore»; di Sir Kit, della sua moglie ebrea rinchiusa in una delle stanze del castello per 7 anni e della sua passione per il gioco d’azzardo; di Sir Connolly, il preferito di Thady, amante del whisky, dei ricevimenti e poco incline a occuparsi di pagare i conti.

Questi padroni, uno più bravo dell’altro ad ubriacarsi e a sperperare il patrimonio della famiglia fino a ridurla sul lastrico, sono descritti da Thady senza malizia, nel perfetto stile amichevole che chi ha avuto a che fare col popolo irlandese riconoscerà all’istante. Tutt’altro che obiettivo, il vecchio servitore giustifica e guarda con indulgenza alle malefatte dei suoi padroni, vuoi per candore, vuoi perché ci è realmente affezionato, vuoi perché finiranno per fare la fortuna di suo figlio Jason. Sullo sfondo di un paese in procinto di un grande cambiamento (a inizio ottocento l’Irlanda verrà unita politicamente alla Gran Bretagna), la società irlandese viene raccontata in maniera colorita con i suoi vizi e le sue virtù.

Non aspettatevi di leggere un vero e proprio romanzo storico, né tantomeno un susseguirsi di colpi di scena alla Wilkie Collins. Il castello di Rackrent è piuttosto una virtuosa via di mezzo tra un Pamela smorzato dalla leggerezza dall’aureabrevitas, e un Shamela molto meno irriverente. C’è chi lo considera il primo romanzo storico europeo, ma le etichette non si addicono a questo romanzo totalmente sui generis. L’ironia con cui sono descritti gli usi e i costumi irlandesi e le abitudini degli aristocratici beoni e scialacquatori fa sghignazzare e rende abbastanza scorrevole la lettura, nonostante il linguaggio un po’ arcaico (non dimentichiamo il periodo in cui il libro è stato scritto) – il glossario è particolarmente utile. Quello che manca è un po’ di approfondimento sui personaggi, tutto sommato delle macchiette bidimensionali che finiscono per assomigliarsi l’una all’altra. Nel complesso è comunque una lettura piacevole e una chicca irrinunciabile per gli amanti del romanzo ottocentesco.

L'AUTRICE
Maria Edgeworth, nata a Black Bourton (Oxfordshire) nel 1767, a quindici anni si trasferì con la famiglia a Edgeworthstown, in Irlanda, una delle proprietà di famiglia. Studiosa di Pedagogia, scrisse molte novelle morali per l’infanzia e diversi romanzi di vita irlandese, considerati dalla critica una tappa fondamentale nel processo di gestazione della letteratura irlandese in lingua inglese. Morì a Edgeworthstown nel 1848. Il Castello Rackrent è il suo primo romanzo. 

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