Recensione: La mappa che mi porta a te, di J.P. Monninger

Titolo: La mappa che mi porta a te
Autore:
J.P. Monninger
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine:
373
Anno di pubblicazione: 2017

Prezzo copertina: 18,90 €


Heather, Amy e Costance si sono appena laureate presso la prestigiosa università di Amherst, e prima di dedicarsi al lavoro decidono di partire per l'Europa. Heather ha una grande futuro davanti: un appartamento a New York e un lavoro redditizio presso la prestigiosa Bank of America. Per questo, quando su un treno diretto ad Amsterdam incontra Jack, un ragazzo tanto affascinante quanto arrogante, Heather sa che dovrebbe starle lontano. Jack infatti, al contrario di lei, ha deciso di mollare tutto per intraprendere un viaggio in Europa sulle orme del nonno, il quale,
sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale, si era concesso un giro in quei Paesi prima di tornare in America. Un percorso
Amsterdam
appuntato su un vecchio taccuino che Jack custodisce gelosamente, almeno fino all'incontro con Heather. Ad entrambi, infatti, basta uno sguardo per capire che nulla sarà più come prima. Da Amsterdam a Berlino, da Cracovia a Praga, dalla Svizzera in Italia fino a Parigi, Jack e Heather finisco per innamorarsi perdutamente. Così, nonostante le ritrosie verso la Grande Mela e un lavoro da colletto bianco, Jack decide di seguire Heather. Almeno fino all'aeroporto, quando il ragazzo sparisce senza lasciare traccia...


"Una Parigi dove anche Hemingway, il tuo Hemingway, visse l'intenso amore per la sua Hadley; e tu lo odi perché l'ha lasciata, come Jack ha lasciato te, e lo ami per l'intensità del suo vivere, tanto simile all'intensità con cui viveva Jack."

La mappa che mi porta a te si apre con la protagonista e voce narrante della storia, Heather, che legge Fiesta su un treno diretto ad Amsterdam. Il riferimento ad Hemingway non è casuale. Ci sono giovani che hanno voglia di ballare, bere e rimorchiare; ci sono i locali, gli aperitivi, le passeggiate romantiche, le discoteche e i viaggi esaltanti; ci sono amicizie solide, nuove relazioni amorose, ambizioni e desideri; e poi c'è quella sensazione di paura mista a smarrimento di chi oscilla tra il sogno di una vita intensa e libera, e il pragmatismo di un'esistenza sicura e prevedibile. Tutto questo si respira nella prima parte del romanzo di J.P. Monninger, segnata da dialoghi incisivi, continue citazioni e, ovviamente, qualche cliché legato ai viaggi nel Vecchio continente. Nella seconda parte, invece, la narrazione scivola sempre di più verso il sentimentalismo, a cui fa seguito la disperazione per l'abbandono e l'incapacità di superare il trauma. Perché Jack è scappato? Cos'è successo davvero? E' stato solo un sogno? La protagonista continua a porsi mille domande, mentre la storia fatica ad andare avanti. E poi basta una rivelazione, tanto improvvisa quanto brutale, per riaccendere la scintilla e rendere imprevedibile il finale.  

 "Ogni grande amore porta inevitabilmente con sé una grande perdita. L'ho letto da qualche parte. E allora l'ho sempre tenuto a mente. Ogni tanto mi rammento le parole di T.S. Eliot: Nel mio principio è la mia fine."

La mappa che mi porta a te rivela chiaramente il talento narrativo dello scrittore, capace di evocare con forza immagini e sentimenti, dei luoghi e dei personaggi. E anche se personalmente la prima parte mi ha convinto più della seconda, il romanzo di Monninger difficilmente deluderà chi si aspetta una bella storia d'amore con un finale a sorpresa.

"L'amore che troviamo in questo mondo ci viene incontro e contemporaneamente si allontana da noi. Dire che siamo noi a trovarlo significa fare un uso improprio del verbo "trovare". E' l'amore a trovare noi. L'amore ci trova, ci attraversa e prosegue il suo cammino."

L'AUTORE
J.P. Monninger vive in New Hampshire. È professore di inglese alla Plymouth State University. 

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