Le tre vite di Moses Dobrushka; Il fiordo di Killary: novità Adelphi in libreria da settembre

Titolo: Le tre vite di Moses Dobrushka
Autore: Gershom Scholem
Editore: Adelphi
Pagine: 231
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo copertina: 22,00 €


Dai ghetti moravi alla corte imperiale di Vienna, dalle salmodie cabbalistiche agli idilli pastorali, dal traffico d'armi ai club giacobini, dalle logge massoniche alla ghigliottina: le tappe della vita avventurosa di Moses Dobrushka si leggono come altrettanti capitoli di un romanzo d'ap­pen­di­ce, prodigo di colpi di scena, oscuri complotti, immense ricchezze e atroci miserie. Spia al soldo delle potenze reazionarie, sincero rivoluzionario, ebreo convertito (ma senza rinunciare alla fede frankista) o semplice avventuriero| Poeta e uomo d'affari, iniziato e citoyen, Dobrushka era imparentato con lo scandaloso pseudomessia Jacob Frank e, prima di salire sul patibolo, durante il Terrore, era stato in predicato di ereditare il comando dell'e­quivoca e strampalata corte di Of­fenbach, sulla quale regnava la figlia di Frank, Eva, che aveva ricevuto i favori e gli omaggi del­l’imperatore Giuseppe II e dello zar Alessandro I.
Gershom Scholem, affascinato da questa figura enigmatica, esemplare della parabola dell'e­brai­smo moderno alle soglie dell'eman­ci­pa­zione, illumina le tracce confuse che ce ne restano, riuscendo a far convergere in un saggio magistrale gli strumenti dello storico e l’interroga­tivo metafisico.

Titolo: Il fiordo di Killary
Autore: Kevin Barry
Editore: Adelphi
Pagine: 171
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo copertina: 17,00 €


La carriera letteraria di Kevin Barry nasce dalla congiunzione di un sogno e di un incubo, entrambi precoci. Il sogno era, racconta Barry, «diventare il più grande scrittore ebraico della mia generazione, un autore del livello di Roth o di Malamud, anzi meglio. Solo che per un ventenne lentigginoso di Cork, Irlanda, la faccenda si presentava un po' complicata». Quanto al­l'incubo, coincideva col pensum imposto dall'industria editoriale a qualsiasi debuttante: trovare una voce (e poi vivere di quella). Bene, dal momento che la sola idea «di sentirsi frastornare per i successivi trenta o quarant'anni da quella benedetta voce, sempre uguale» gli faceva accapponare la pelle, Barry ha tempestivamente optato per una via diversa: scrivere, con la stessa gioia selvaggia che il lettore, per osmosi, prova leggendole, le storie in cui si imbatteva più o meno tutti i giorni, fra le strade e i pub della sua Irlanda. Storie nere, quasi sempre, i cui personaggi non solo sbagliano, ma perseverano, diabolicamente, nell'errore. Un ragazzo esce da un carcere minorile dopo una condanna per spaccio di anfetamine, e ha un'idea luminosa per cominciare una nuova vita: spacciare anfetamine. Un suo coetaneo, sui tetti di Cork, pensa di baciare una sua amica talmente a lungo, e così tormentosamente, da disintegrare anche solo la possibilità di farlo. Due vecchiette battono la campagna in quello che sembra un incantevole road movie della terza età, finché non scopriamo che si tratta di due predatrici, impegnate in una battuta di caccia molto poco innocente. Si ride senza smettere mai, in questo libro: ma come ridono gli ospiti dello strano albergo sul fiordo di Killary, dove durante una pioggia torrenziale l'ac­qua ricopre il pavimento: e poi, poco a poco, comincia a salire. E a salire. E a salire. 

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