E' tempo di dimissioni o di responsabilità?

Benedetto XVI
Questo blog, premessa fondamentale, è del tutto apolitico, per quanto possibile nella realtà quotidiana, e aperto a qualsiasi credo religioso.
Detto questo, anche noi, come tutti, siamo chiamati a confrontarci con l'attualità, che rappresenta l'ispirazione fondamentale, nonché il contesto di riferimento principale, per registi e scrittori. E oggi, in tal senso, non è certamente una giornata come le altre.
Le dimissioni del Papa, infatti, oltre 600 anni dopo quelle di Gregorio XII (1414-1417), hanno scosso in qualche modo cattolici e non. Un gesto, quello di Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), che molti hanno apprezzato giudicandolo di "grande responsabilità", mentre i più maliziosi, soprattutto gli amanti delle teorie complottistiche, già si scatenano nella ricerca di motivazioni altre, ben diverse da quelle ufficiali.

Sta di fatto che al di là delle motivazioni reali, noi ci atteniamo a quelle ufficiali, le dimissioni del Pontefice rappresentano uno spunto importante per riflettere sul particolare momento politico, economico, religioso e sociale che tutti viviamo, in cui la parola "dimissione" si ascolta sempre più di frequente; il 12 novembre 2011 è stato il turno di Silvio Berlusconi; il 21 dicembre 2012 quelle di Mario Monti; oggi, 11 febbraio, quelle di Benedetto XVI.

Mario Monti
A questo punto, quello che colpisce realmente, è che la parola "dimissione" venga sempre più spesso associata alla parola "responsabilità", come se rinunciare ad una carica (dal vocabolario: dimissione - atto con cui una persona o un gruppo dirigente rimette il mandato che ha avuto, rinuncia a una carica, a un ufficio) equivalga ad assumersi gli impegni e gli obblighi che derivano dalla stessa (dal vocabolario: responsabilità - impegno, obblighi che derivano dalla posizione che si occupa, dai compiti, dagli incarichi che si sono assunti). In realtà, quindi, a me sembra che questi due termini siano, al contrario, esattamente opposti, dato che assumersi una responsabilità non può equivalere a rinunciare alla stessa.
Che cosa si ricava da questa situazione?
A mio avviso la tendenza alle dimissioni, invece, deve preoccupare e non poco tutti i laici, atei e credenti, perchè fa emergere l'inadeguatezza della classe politica, e ora anche religiosa, a rispondere alle sfide sempre più complesse della nostra società, soprattutto in un periodo di grave crisi, ecomonica e non solo (anche valoriale).

Silvio Berlusconi
Fuggire dalle proprie responsabilità, soprattutto quando queste si sono cercate ed accettate, non mi sembra dunque il modo migliore per vincere le sfide delicate del nostro tempo, ma una semplice scorciatoia che conduce all'esito opposto.
Da qui il collegamento alla domanda iniziale del post: é tempo di dimissioni o di responsabilità?
Non volendo entrare nel merito della decisione del Pontefice, o delle stesse figure politiche menzionate, quello che appare chiaro è che oggi non è più tempo di dimissioni ma di responsabilità, tanto per la classe dirigente quanto per chi è chiamato a guidare la Cristianità. E' tempo, dunque, di affrontare gli impegni e le difficoltà derivanti dal ruolo che si va a ricoprire, con competenza, intelligenza, abnegazione, apertura mentale, guidati, appunto, da quel senso di responsabilità che, ahimé, non può e non deve diventare un sinonimo della parola "dimissione".

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