Recensione: LA FIGLIA DEI RICORDI di Sarah McCoy

Titolo: La figlia dei ricordi
Autore: Sarah McCoy
Editore: Nord
Pagine: 350
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 22,00 €


Recensione a cura di Beatrice Pagan

Passato e presente si intrecciano spesso in modo inaspettato seguendo percorsi che a volte, guardando indietro, sembrano costruiti ad hoc per portarci nella destinazione in cui finalmente riscopriamo noi stessi e raggiungiamo la serenità tanto desiderata, compiendo gesti che hanno conseguenze, piccole e grandi, su chi ci circonda e l'intera società.
La scrittrice Sarah McCoy ha saputo ricreare in parole questo mistero, che supera confini di spazio e tempo, con grande bravura e delicatezza, trattando temi sociali e importanti con una spiccata sensibilità.

La figlia dei ricordi ha come protagoniste due donne, fragili e forti allo stesso tempo, che si incontrano in una panetteria, dove i prodotti appena sfornati profumano di amori complicati, ricordi e speranze in un futuro migliore.
Reba Adams è una giornalista freelance che si è trasferita a El Paso, in Texas, per sfuggire a un passato segnato dai problemi psicologici del padre reduce di guerra, allontanandosi persino dalla sorella maggiore. In quella terra di confine Reba ha anche trovato l'amore dopo aver conosciuto Riki, un poliziotto che si occupa di immigrazione clandestina.

Un incarico apparentemente semplice la porta nella panetteria dell'anziana Elsie Meriwether, che tramanda con passione le tradizioni della sua città di origine, Garmisch, alla figlia Jane. Nel 1944 Elsie era ancora un'adolescente, divisa tra il lavoro nel forno di famiglia e le attenzioni di Josef, un ufficiale della Schutzstaffel che si è innamorato di lei. Una vecchia foto di una festa di Natale testimonia questo capitolo precedente della vita di Elsie in cui la guerra era alle porte di casa, la sorella stava sperimentando in prima persona le conseguenze tragiche dell'ideologia nazista; salvare un bambino ebreo innocente poteva condannare un'intera famiglia e bisognava scavare dentro di sé per trovare la forza d'animo di rimanere aggrappati alla speranza di un futuro migliore.

Sarah McCoy ha saputo ritrarre con tagliente efficacia una delle pagine più buie della storia senza, però, dimenticare che il confine tra bene e male non è mai netto e dai contorni precisi, ma sfumato e insidioso. Tutti i personaggi protagonisti del romanzo sono, inoltre, posti di fronte a scelte importanti, di quelle che fanno emergere le ansie più profonde e paure che si credeva ormai superate. Lo stile scorrevole e la struttura che alterna passato e presente, equilibrandosi tra le diverse voci di questo ritratto collettivo rendono il libro una lettura appassionante.

L'autrice è molto brava nel mostrare le zone d'ombra di tutti i personaggi e la loro difficoltà nel doversi confrontare con le direttive di una società in cui, forse, non si riconoscono più. La sensazione dominante nell'assistere agli sviluppi tra le pagine è quella di calore e sembra quasi di sentire il profumo delle deliziose ricette della famiglia Meriwether sprigionarsi dalle parole, anche nei momenti più cruenti. Elsie e Reba diventano quindi un esempio di come si può soffrire, sbagliare, perdonare e trovare ogni volta la forza di ricominciare a ricostruire la propria vita passo dopo passo, con la pazienza e la delicatezza necessaria anche a creare un alimento semplice, ma così essenziale, come il pane.

La figlia dei ricordi, a suo modo, è una storia sincera e, proprio questo suo aspetto, la rende così vera e coinvolgente. L'idea di riportare le ricette per poterle provare nell'intimità della propria casa e condividerne i risultati con le persone amate e gli amici è, inoltre, una scelta vincente che permetterà di superare, in modo originale, la linea che divide realtà e finzione.

L'AUTRICE
Figlia di un ufficiale dell’esercito americano, Sarah McCoy ha trascorso l’infanzia in Germania ed è tornata negli Stati Uniti, in Virginia, quando aveva tredici anni. Adesso vive a El Paso, in Texas, dove insegna letteratura inglese all’università. 

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