30
ottobre-11 novembre
Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di
Bologna
in collaborazione con Estate
Teatrale Veronese
OTELLO
di William Shakespeare
traduzione adattamento regia Nanni Garella
con Massimo Dapporto, Maurizio Donadoni, Angelica Leo, Federica Fabiani, Gabriele Tesauri, Massimo
Nicolini, Matteo Alì
scene Antonio Fiorentino
luci Gigi Saccomandi
costumi Claudia
Pernigotti
Appunti di
drammaturgia per Otello di Nanni
Garella
Un avamposto militare in un territorio di
occupazione, la Repubblica veneta contro i Turchi, occidente contro oriente:
una storia già vista, che ritorna e costruisce nella mente un immaginario di
guerre, purtroppo, vicine e devastanti. La fibra morale di un mondo, quello
occidentale, messo a dura prova dalla crudezza dello scontro, con l’inevitabile
ripercussione sulle vicende private dei protagonisti: di quelli nobili e
virtuosi, come di quelli meschini e malvagi.
Nell’Otello
di Shakespeare, alla fine, perdono tutti, i nobili e i malvagi: Desdemona,
Emilia, Roderigo assassinati, Otello suicida, Iago travolto dai suoi stessi
inganni e dalle sue trame scellerate. Tutti fanno scelte sbagliate. Il mondo
non ritrova il suo equilibrio, dopo l’atto estremo di Otello e il sacrificio di
sua moglie: come dopo un’eclissi di sole e di luna - stralcio simbolico di una
immagine barocca - l’uomo resta sotto un cielo vuoto.
Se
si spegnessero il sole e la luna,
insieme,
in un buio eclisse...
se la
terra tremando si squarciasse... (Otello,
V, 2)
Otello,
come Lear e Macbeth, è sceso nell’abisso, è giunto sino in fondo, ha vissuto
l’esperienza umana della gelosia fino all’estremo. Shakespeare è l’unico
autore, dopo i greci, che riesce a darci tragedie vere; e Otello, nella storia teatrale, è una delle poche vicende pienamente
conosciute dal pubblico, soprattutto dall’epoca romantica in poi. Il pubblico
del nostro tempo è abituato a sentire i nomi, così stravaganti e improbabili,
di Iago, Desdemona, Otello, a legare ad essi un racconto di gelosia e di sangue
e a restare avvinto dalle passioni che muovono i destini di quei personaggi.
Ma, conoscendo l’esito tragico della storia, lo spettatore contemporaneo
continua a interrogarsi sulla fragilità della natura umana.
Otello,
una volta scrostato dai depositi romantici e naturalistici, è un grande
dibattito, profondo e appassionante, sulla natura umana: per Otello il mondo è
bello, gli uomini sono nobili, e giustificano la loro esistenza nella lealtà e
nell’amore; per Iago il mondo è abietto e volgare e gli uomini sono come
animali, carogne che si divorano l’un l’altro; da un lato un’idea del mondo e
della natura umana che volge lo sguardo alla convivenza, alla bellezza e
all’armonia; dall’altro la totale assenza, machiavellica, di ideologia, il
pragmatismo empirico più spregiudicato.
Nessuno
ha la meglio, alla fine. In realtà, il mondo somiglia molto di più a come lo
immagina Iago, ma anch’egli ne è travolto, come Riccardo III. Cosa resta, dopo
gli assassini, i suicidi, il crollo della fiducia, della fedeltà e dell’amore?
Probabilmente solo la notte buia, il cupo abisso in cui precipita a volte la
mente umana. L’accesso di follia distruttiva e autodistruttiva, omicida e
suicida, di Otello, nutrita dalla menzogna e dall’infamia di Iago; e la
dissoluzione di un mondo di valori, come famiglia, patria, amore, lealtà,
coerenza morale.
E
resta solo un linguaggio sfasato e incerto, sconnesso, schizoide. L’unica
vittoria di Iago consiste nel distruggere la poesia, l’eroismo, la grandezza
del generale Otello, infrangendo le sue certezze di linguaggio, spingendolo
all’afasia, al balbettio, in una sorta di eloquio spezzato che somiglia tanto
al monologo interiore della letteratura moderna - di Joyce, di Beckett.
A letto con lei... sopra di lei! Si dice “a letto
con lei” quando qualcuno si scopa una donna... A letto con lei... che schifo!
Il fazzoletto... deve confessare... il fazzoletto! Farlo confessare... e poi
impiccarlo per quello che fatto. No, prima impiccarlo, e poi farlo confessare!
Sto tremando, lo vedi? Tremando dalla rabbia... una rabbia nera... Non sono le
parole che mi fanno tremare. Puh! Che schifo: i nasi, le orecchie, le labbra...
Non è possibile... Confessa!... Il fazzoletto!... Demonio!... (Otello, IV, 1)
Corpi,
labbra, amplessi immondi, schifosi sono le uniche immagini residue del bel
mondo eroico di Otello, sono la vittoria del pragmatismo di Iago, ma sono anche
lo sprofondamento dell’uomo nel mondo dell’ombra, dove la nobiltà d’animo si
trasforma in scelleratezza, il coraggio in codardia; dove la tolleranza lascia
rapidamente il posto al pregiudizio razziale più osceno.
Otello è la notte. Un’immensa figura fatale. La
notte è innamorata del giorno. L’africano adora la bianca. E’ grande, è
augusto, è maestoso, ha al suo seguito il coraggio, la battaglia, la fanfara,
la bandiera, la fama, la gloria, è Otello; ma è nero. E allora come fa in
fretta l’eroe geloso a trasformarsi in mostro! Il nero diventa negro. Con
quanta rapidità la notte ha fatto segno alla morte! (Victor Hugo, William
Shakespeare).