Recensione: LA CHIAVE DI SARA (2010)

USCITA CINEMA: 13/01/2012
REGIA: Gilles Paquet-Brenner
SCENEGGIATURA: Serge Joncour, Gilles Paquet-Brenner
ATTORI: Kristin Scott Thomas, Mélusine Mayance, Niels Arestrup, Frédéric Pierrot, Michel Duchaussoy, Dominique Frot, Gisèle Casadesus, Aidan Quinn, Natasha Mashkevich, Arben Bajraktaraj
FOTOGRAFIA: Pascal Ridao
MONTAGGIO: Hervé Schneid
PRODUZIONE: Hugo Productions, Studio 37, TF1, France 2 Cinéma
DISTRIBUZIONE: Lucky Red
PAESE: Francia 2010
GENERE: Drammatico
DURATA: 111 Min
FORMATO: Colore 

TRAMA
Julia Jarmond è una giornalista americana che vive a Parigi. Quando suo marito le chiede di tarsferirsi nell'appartamento dei suoi genitori, scoprirà un mistero sconvolgente che cambierà la sua vita.

RECENSIONE
La chiave di Sara è un film tratto dall'omonimo best seller di Tatiana de Rosnay che personalmente non ho letto. Per questo non posso fare paragoni con il romanzo che come mi hanno segnalato alcuni lettori è molto bello. Detto questo, premessa doverosa, veniamo al film.
La pellicola si muove su un doppio registro tra presente e passato. Nel presente la giornalista Julia Jarmond (Kristin Scott Thomas) si trova, per caso, ad ereditare da parte del marito un appartamento nel Marais, un famoso quartiere parigino. Julia, per conto della rivista dove lavora, sta scrivendo un pezzo sul rallestramento del Velodromo d'Inverno, una macchia nella coscienza del governo francese che arrestò e deportò in questa struttura oltre 13000 ebrei. Indagando su questa storia viene a conoscenza del fatto che l'appartamento ereditato in realtà è appartenuto ad ebrei deportati e così decide di approfondire la loro storia per scoprire la verità.
Nel passato la piccola Sara  (Mélusine Mayance), che viveva proprio nello stesso appartamento, il giorno del rastrellamento del 1942 viene arrestata insieme al padre e alla madre, mentre nasconde, chiudendolo a chiave, il piccolo fratellino nell'armadio. Il gesto della bambina è innocente e finalizzato alla sua salvezza. Tuttavia, come presto scoprirà, tornare a casa non sarà più possibile.
Le due storie, in qualche modo, saranno destinate a incrociarsi.
Questa, in sintesi, la trama del film e non voglio svelarvi altro perchè altrimenti chi non ha letto il libro perde tutto il gusto di scoprire i successivi sviluppi della storia.

Veniamo subito al dunque. Il film non mi ha convinto molto. La storia è molto triste e affascinante ma da un punto di vista storico, secondo me, è troppo superficiale. Non è possibile, infatti, limitarsi a mostrare le scene più drammatiche di un episodio e pensare di averlo raccontato. Viene meno tutto il rigore storico e soprattutto l'aspetto riflessivo. Non c'è riflessione su quello che è accaduto ma una pura messa in scena, lacrimevole e triste, dei momenti più drammatici. Insomma per farla breve se volete conoscere la storia del Velodromo d'Inverno non è questo il film adatto a voi. Il mio consiglio è di vedere Vento di primavera, molto più preciso, intenso e appassionante, uscito lo scorso anno nelle sale, tra l'altro francese come questo.

L'aspetto più interessante del film, invece, è il parallelismo, la relazione che esiste tra le due storie, quella di Julia e quella di Sara, che hanno il minimo comune denominatore nella vita, nell'importanza di preservarla. Ora non vorrei svelarvi troppo ma devo spiegarmi. Sembra paradossale ma la colpa di Sara diventa quella di Julia quando è indecisa se abortire. In fondo questa è l'unica vera ragione che spinge la giornalista nella ricerca della verità. Ed è proprio questa, a mio avviso, la vera chiave di lettura del film; mentre il riferimento alla Shoa diventa solo lo sfondo, la cornice della storia.

Dunque il film letto in questi termini può risultare interessante ma, come detto, se ci limitiamo all'aspetto storico, della memoria diciamo, non riesce a raggiungere l'obiettivo.
Gli altri pregi del film sono la recitazione (i francesi sono quasi sempre all'altezza) e una discreta fotografia.
La sceneggiatura, per i motivi elencati prima, mi ha convinto a metà e qualche passaggio mi è sembrato anche poco logico e credibile.
Lo stesso discorso vale anche per il regista che, a mio avviso, focalizza l'attenzione dello spettatore troppo sugli aspetti drammatici, emotivi, sentimentali. Inoltre il ritmo è buono fino a metà, poi diventa troppo lento e il film scade nella noia.

Consigliato? Ni. Se avete letto il libro e proprio non potete fare a meno potete pure vederlo. Per gli altri aspetterei un passaggio in tv o se siete proprio interessati all'episodio storico vi consiglio Vento di primavera.

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