Recensione: J. EDGAR (2011)

USCITA CINEMA: 04/01/2012
REGIA: Clint Eastwood
SCENEGGIATURA: Dustin Lance Black
ATTORI: Leonardo Di Caprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Josh Hamilton, Geoff Pierson, Ken Howard, Dermot Mulroney, Josh Lucas, Cheryl Lawson, Kaitlyn Dever, Gunner Wright, David A. Cooper, Ed Westwick, Kelly Lester, Jack Donner, Dylan Burns, Jordan Bridges, Brady Matthews, Jack Axelrod
FOTOGRAFIA: Tom Stern
MONTAGGIO: Joel Cox, Gary Roach
MUSICHE: Clint Eastwood
PRODUZIONE: Imagine Entertainment, Malpaso Productions, Wintergreen Productions
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures Italia
PAESE: USA 2012
GENERE: Biografico, Drammatico
DURATA: 137 Min
FORMATO: Colore 2.35 : 1
SITO: http://wwws.warnerbros.it/hoover/index.html

DESCRIZIONE
Durante la sua vita, J. Edgar Hoover è diventato l'uomo più potente di tutti gli Stati Uniti d'America. A capo dell' FBI per circa 50 anni fino alla data della sua morte nel 1972, non si è fermato davanti a nulla pur di proteggere il suo paese. Restando in carica durante i mandati di ben 8 Presidenti e tre guerre, Hoover ha dichiarato guerra a minacce sia vere che immaginarie, spesso infrangendo le regole per proteggere i cittadini americani. I suoi metodi erano allo stesso tempo spietati ed eroici e la sua più grande ambizione era quella di essere ammirato a livello globale. Hoover è stato un uomo che dava grande valore ai segreti - soprattutto a quelli degli altri - e non ha mai avuto paura ad usare le informazioni in suo possesso per esercitare la sua autorità sui leader più importanti della nazione. Consapevole che la conoscenza è potere e che la paura crea le opportunità, ha usato entrambe per ottenere un’influenza senza precedenti e per costruirsi una reputazione che era formidabile e intoccabile.

RECENSIONE
Clint Eastwood, dopo Hereafter, torna a dirigere per raccontare la storia di John Edgar Hoover, uno degli uomini più pontenti degli Stati Uniti.
L'uomo che ha guidato per quasi 50 anni l'FBI viene analizzato negli aspetti più intimi.
Un uomo tutto d'un pezzo, consapevole dell'importanza delle informazioni, tanto da ricattare gli uomini più importanti della vita politica e civile americana pur di mantenere il proprio ruolo e, soprattutto, la propria lotta a qualsiasi forma di minaccia verso il suo Paese. Un uomo a cui si devono progressi importanti nella lotta alla criminalità grazie all'introduzione di tecniche investigative innovative, come l'uso delle impronte digitali.
Allo stesso tempo, però, vengono evidenziate le sue debolezze; il rapporto morboso, quasi ossessivo, con la madre; l'amore segreto per il suo braccio destro Clyde Tolson; le sue difficoltà linguistiche.

Il film si basa su una sceneggiatura solida, firmata dal giovane Dustin Lance Black (Milk, Pedro), che tuttavia, a tratti risulta un pò troppo verbosa.
A livello di recitazione non c'è niente da dire. Leonardo di Caprio è ispiratissimo e, a mio avviso, merita a pieno la candidatura all'Oscar. Anche il resto del cast non delude (Judi Dench su tutti).
Sulla regia di Eastwood c'è poco da eccepire.
Quello che mi ha convinto di meno in questo film, a parte il trucco (a mio avviso fatto male), è il ritmo.
La storia è molto interessante e gli attori sono bravvissimi, però non c'è tensione, suspance. E il rischio è che il film risulti noioso a buona parte del pubblico.
Inoltre mi è sembrato un film troppo americano, quasi autoreferenziale. Alla fine, con tutte le differenze, mi è parso di assistere ad un Baaria americano. E lo dico con tutto il rispetto verso il film di Tornatore che ho amato moltissimo, più di J. Edgar personalmente.
Sottolineo questo aspetto perchè molto spesso il cinema italiano è stato tacciato di autoreferenzialità (qualcuno lo chiama provincialismo), e non si può certo dire che questo film, in buona parte, non sia autoreferenziale.
Certo quando parliamo di America il discorso cambia e, guarda caso, tutto diventa "universale". 

Detto questo è comunque un film che merita, sia per l'ottima recitazione degli attori, sia per la storia interessante e affascinante.
Consigliato a chi non ritiene indispensabile nei film l'azione (per voi c'è ancora in programmazione Sherlock Holmes), ma è più interessato alle storie, ai personaggi, alla riflessione.

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